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Mai rendere vana una vita: pensieri sparsi su musica, bellezza e rivoluzione

Qual è la tua stagione preferita? Quand’ero piccola rispondevo “primavera!”, visto che sembrava aspettare il mio compleanno per aprirsi, ma la risposta era incompleta. Perché amo il profumo d’autunno, e il vento d’estate, e l’aria visibile d’inverno.

La Terra gira intorno al Sole, con distanze diverse lungo un’orbita ellittica e con diverse inclinazioni dell’asse. Una spiegazione razionale con effetti meravigliosi tra cui proprio l’avvicendarsi delle stagioni e nascita, crescita, vita e morte e ancora vita, sotto altre forme, in continuo rinnovamento. Quel giro che, secondo le leggi celesti dedotte dagli umani, il nostro pianeta compie intorno alla sua stella si chiama moto di rivoluzione.

Per memorizzare nozioni, come questa, i miei anni scolastici sono stati accompagnati da bizzarre associazioni di idee. Così, mentre comprendevo che il moto di rotazione è il giro su di sé e quello di rivoluzione quello intorno al sole, accostavo al concetto delle stagioni quello politico di rivoluzione, per essere sicura di dare la risposta giusta in caso di dimenticanza.

Natura, matematica, musica

Dopotutto, la scuola, almeno secondo quell’idea quasi competitiva di duello tra il professore che esamina e l’alunno che si esibisce, richiede anche questi trucchi. E con questa baldanza, il secondo giorno di liceo, feci la conoscenza della prof di matematica, rispondendo alla sua richiesta di presentarci e dire se ci piaceva la materia che ci avrebbe insegnato da quel momento in poi. Per quanto mi riguardava, le dissi, in matematica ero sempre andata bene, ma non mi aveva mai appassionato, anzi, la trovavo noiosa, preferivo altre materie. Il sottotesto, neanche troppo sottinteso, era che la matematica fosse per sterili ragionieri, mentre io volevo vivere di arte, letteratura, bellezza.

E fu lì che la temutissima professoressa rispose con calma glaciale: nominò Galileo e disse che Dio aveva scritto il mondo, la natura secondo l’alfabeto della matematica. Non uso virgolette perché gli errori sarebbero senz’altro nel mio ricordo, non nella sua citazione.

Comunque, in effetti, a pensarci, c’è matematica nella bellezza e bellezza nella matematica. Lo spiega perfino Paperino, figuriamoci.

E pensare che, al tempo, io la musica già la conoscevo. Ascoltavo ore e ore di canzoni e brani, esplorando generi, autori, scoprendo le mie preferenze, le nicchie in cui mi sentivo al sicuro. Suonavo nel corpo bandistico cittadino, il flauto traverso. Quindi lo sapevo, sapevo davvero, quanta bellezza può emergere dalla matematica. E quanto la musica sia frutto dell’una e fonte dell’altra.

Questo non è un necrologio

A proposito di musica, oggi è morto Ezio Bosso, ma questo non è un coccodrillo, perché non è preparato prima, né un elogio funebre, perché spetta a chi lo conosceva, non a chi si limitava ad apprezzarlo. Ho amato il suo lavoro o, almeno, quel che del suo lavoro conosco. Ho usato suoi brani per la regia di scene teatrali, per trovare concentrazione e scrivere, per momenti motivazionali, per meditazione, per sfogo, perfino per fare ginnastica.

Nella sua vita, o almeno per quel che della sua vita si è detto, c’è molto della natura che muore e che rinasce. C’è la famiglia operaia e l’apprendimento operoso. C’è l’essere Mod, gli Statuto, il basso e troppe note.

https://www.facebook.com/glistatuto/photos/a.387668498644/10157869706948645/?type=3

C’era lo strumento, il contrabbasso, con cui era “un virtuoso con una musicalità straordinaria che diventava un tutt’uno con lo strumento. Poi la diagnosi tremenda e la scelta di cambiare per restare e la rinascita come pianista e direttore d’orchestra. E come compositore c’è la musica che dà voce alla natura e all’uomo.

Per Bosso la musica è necessaria, l’ha spiegato perfino l’altroieri, e chissà se aveva altro nella testa, parlando di primo respiro e di ultimo. E pur dando voce alla natura, la musica è pienamente umana: un bisogno esistenziale e sociale.

Singolarità e comunità

Che la musica sia uno mezzo per sostenere gli animi e un simbolo di società giusta, l’aveva sperimentato anche Danilo Dolci, nelle attività in Sicilia.

Dolci (di cui ho avuto modo di scrivere) si era trasferito in una località poverissima, non solo in senso economico. Una delle prime iniziative politiche collettive, il Digiuno dei Mille, prevedeva la manifestazione sulla spiaggia di Trappeto, per denunciare la pesca di frodo. Per sostenere gli animi, aveva proposto Dolci, si sarebbe ascoltata musica classica (poi la manifestazione non si fece se non in privato, ma questa è un’altra storia).

In Banditi a Partinico, quasi un diario dei suoi primi anni in Sicilia, Danilo Dolci annota:

8 marzo

I bambini hanno voluto sentire nuovamente “Le stagioni” di Vivaldi. Non se ne stancano. Così ancora non si sono saziati del brano “Erbarme dich, mein Gott” dalla Passione secondo S.Matteo, di Bach.

La musica è ordine nel caos, è voce all’inquietudine, è comunicare profondo che fa comunità. E la comunità si crea nell’ascolto, fondamentale per apprezzare la bellezza, ma anche per suonare insieme. L’orchestra, lo spiegava anche Bosso, è una società ideale che unisce le singolarità senza appiattirle, riconoscendo l’importanza di ognuno, il valore delle differenze.

La bellezza è rivoluzionaria

La musica è di tutti, proprio per questo. E dovrebbe poter essere ancora più universale, come tentano di fare quei progetti educativi che la rendono uno strumento di riscatto sociale.

Ma anche senza scomodare Abreu e l’orchestra giovanile del Venezuela, affermare l’universalità della musica è un atto politico, perché insegna la bellezza.

È qualcosa che lega Peppino Impastato, Ezio Bosso, Danilo Dolci: l’educazione al riconoscimento della bellezza, la consapevolezza che la società si fonda su di essa.

È un tema trito e ritrito, in realtà, spesso banalizzato. Ma la bellezza che serve a una società, quella di cui è simbolo la musica intesa come necessità di tutti, non è patinata. È profonda, non di facciata: la musica commuove in pubblico e in privato, porta in superficie le inquietudini più nascoste, mette logica nella confusione e caos nell’ordine. Esalta le differenze senza umiliare le gerarchie, ma mantenendo soltanto quelle necessarie al bene comune, come nella musica, come nella società ideale dell’orchestra. È una bellezza esistenziale, sociale, autentica. È la bellezza dell’uomo e della natura, quella natura che si regge su una rivoluzione, moto astronomico e atto politico.

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Published inCultura e politica

Un commento

  1. In questi due mesi e mezzo così strani, in cui non sono riuscito a capire ancora bene cosa sento e le cose che cambiano, c’è stato un solo momento di commozione: camminavo per andare a fare la spesa, avevo messo alle mie spalle la chiesa del paese quando è partita la campana a morto.
    (è profonda, non di facciata)

    (non commentavo un blog dal 2011)

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