C’è un raro momento in cui Gesù si arrabbia, in pubblico. È un fatto così eccezionale che ne parlano tutti e quattro gli evangelisti. Marco, Matteo e Luca riportano la frase entrata nella storia: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!». Giovanni offre una cronaca con qualche particolare in più.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!»
Nell’indignazione ci sono tre atteggiamenti diversi. Ai venditori di colombe, destinate ai più poveri, si limita all’ammonimento verbale, i più facoltosi, con buoi e pecore, vengono fisicamente cacciati. Ai cambiavalute, che lucrano sulla fede altrui, rovescia i banchi.
Durante la pandemia di coronavirus, la ricerca di spiritualità sembra particolarmente sentita. Il rosario del 20 marzo, trasmesso su Tv2000, ha ottenuto più del 12% di share. Le immagini della benedizione Urbi ed Orbi di Papa Francesco in una piazza San Pietro deserta sono state seguite in diretta da 17 milioni e 400mila persone.
La fede che ha spinto molti in preghiera magari non è matura, forse è legata a forme di affidamento simili alla superstizione, ma è autentica. È una ricerca dello spirito, oggi che il mondo e il corpo ci spaventano.
Ma i mercanti del tempio esistono, i cambiamonete sanno dove cercare profitto: il cammino per la profondità spirituale è spesso coperto da una patina di riti, linguaggi, icone di una religiosità superficiale e strumentale.
Per dire, Matteo Salvini qualche sera fa si esibiva in una preghiera in tv, invitato da Barbara d’Urso, che l’accompagnava con le mani giunte da chierichetto e il vestito luccicante. Pochi giorni dopo, eccolo intervistato da Mario Latella, SkyTg24, a dire che “la scienza non basta”, per tornare a uscire “servirà anche l’aiuto del buon Dio”. Aprire le chiese, insomma, in vista delle celebrazioni della Santa Pasqua, “per molti italiani può essere un momento di speranza da vivere”.
Il fedele è distratto: la chiesa non è chiusa
In Lombardia si sono registrati i primi contagi: il 20 febbraio emerge il caso del paziente uno di Codogno, l’indomani la notizia è ormai diffusa, nella serata del 22 arriva il Consiglio dei ministri straordinario, con le prime raccomandazioni.
L’ultima settimana di febbraio è anomala: tutto sembra proseguire come al solito, quasi che il virus riguardi soltanto la zona rossa del lodigiano. Tra i pochi ad aderire subito alle raccomandazioni cautelari ci sono le parrocchie lombarde.
Dopo aver annullato le iniziative per il carnevale ambrosiano, la Conferenza episcopale lombarda sospende tutte le attività formative, ludiche e sportive degli oratori. Quel fine settimana, molti lombardi poco attenti alle raccomandazioni, ignorando l’andamento già esponenziale dei contagi, se ne andavano in montagna. Tra loro, anche Matteo Salvini, che oggi chiede che le chiese siano aperte.
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Quel che Salvini non sa, è che le chiese sono già aperte. Non sono mai state chiuse, almeno in Lombardia.
Dall’inizio della quaresima ambrosiana, il primo marzo, le messe sono celebrate senza popolo. Le dirette facebook non sono un’esclusiva di politici e influencer: gli oratori si sono subito organizzati per trasmettere sui social le celebrazioni, gli educatori hanno proseguito a distanza i cammini di catechesi o, almeno, di riflessione con i ragazzi.
Le chiese però sono aperte. È un atto simbolico e pratico: permettere la preghiera personale, il raccoglimento individuale, fornendo comunque strumenti per coltivare la propria fede in casa.
E qui giungiamo alla questione spirituale, che il fedele distratto non coglie: la chiesa è aperta, per definizione. Ed è ovunque. Non è un luogo fisico, è uno spazio sacro.
Chiesa è un termine che viene dal greco, ekklesìa, “convocazione”. È composta del prefisso ek, “da”, e dal verbo kalèo, “chiamare”. Non mi dilungo sul termine cattolica, che significa universale.
Chiesa è assemblea, è accoglienza, è stare insieme nella Parola. “Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi“, inizia l’evangelista Giovanni, ed è come un’eco il discorso di Cristo, riportato da Matteo (18, 20), che spiega “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro“.
Insomma, qualcuno dica a Salvini che le chiese sono aperte, ma che, se pure ne fossero chiusi gli edifici, non sarebbero mai davvero chiuse.
Non si può esser troppo severi rispetto a questa ignoranza: dopotutto, non è la parte della buona novella che è più grave trascurare. Propongo tre passi, nella speranza di correzione fraterna del politico che si dice cristiano, che oggi è Salvini ma che domani potrebbe essere un qualunque altro cambiavalute pronto a trarre profitto dalla religiosità popolare.
Non siate come gli ipocriti
Non c’è nessun peccato tanto grave da non meritare perdono, ma Gesù mostra sempre una certa severità verso coloro che mostrano una fede apparente, ipocrita. Per dire, nella parabola del samaritano, a soccorrere l’uomo incappato nei briganti, ad amare autenticamente il prossimo e a farsi prossimo, non è né il sacerdote né il fariseo. La Parola è chiara: servono azioni, non esibizioni, anche nella preghiera.
Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. (Matteo 6, 5)
La fede è un atto privato. La sua parte pubblica è la comunione. L’esibizione pura e semplice, che sia un selfie con il rosario o un Eterno riposo in diretta tv tra l’intervista a un concorrente di un reality e uno spot, non è fede, è ipocrisia.
Sii semplice: ogni giuramento è spergiuro
Non importa che sia sventolando il rosario o con la mano sul Vangelo, non importa se invocando il Sacro cuore immacolato di Maria o il buon Dio: per un cristiano giurare è spergiurare. Non nominerai il nome di Dio invano è un comandamento antico, Gesù l’ha rinnovato chiedendo di più: limpidezza di pensiero, chiarezza di parola, coerenza di azione.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. (Matteo 5, 33-37)
L’avete fatto a me
Ci sono passi della Parola che sono più chiari di altri, più potenti: il Dio cristiano esiste nel prossimo, in un amore che si fa carità.
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna. (Matteo 25, 31-46)
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